martedì 24 febbraio 2009

Il curioso caso della Carta d’Identità Elettronica

È più difficile mandare l’uomo sulla luna o stampare un pezzo di plastica?

Se la domanda vi sembra astrusa, significa che siete stranieri. Dall’inizio del progetto Apollo all’allunaggio passarono 8 anni. Gli stessi otto anni trascorsi da quando il nostro governo ci mostrò, trionfante, la prima carta d’identità elettronica.
La differenza, naturalmente, è che Armstrong sulla luna ci è sceso davvero, mentre le carte d’identità restano, appunto, carte. Sgualciti monumenti all’inefficienza della macchina burocratica.

È il 17 marzo 2001 quando il napoletano Paolo Mossetti, assediato dai cameramen, riceve la prima, storica CIE. L’allora ministro Bassanini è euforico e la spara grossa: in quattro anni le tesserine arriveranno a tutti, dal Brennero al Capo Lilibeo. E faranno dell’Italia l’avanguardia del modernismo nella pubblica amministrazione.

Finito di ridere, parte la sperimentazione. Si fanno avanti 156 comuni. La fase sperimentale funziona talmente bene che è un peccato farla finire. E infatti dura ancor oggi: solo che i comuni abilitati al rilascio dell’avveniristico amuleto (incredibile ma vero) sono meno di quelli di partenza: 138.

Ma torniamo alla promessa del 2001. Passati i quattro anni la carta elettronica ancora non ce l’ha praticamente nessuno, ma Berlusconi (governo delle tre “i”) rilancia. Il decreto 7/2005 taglia la testa al toro: dal primo gennaio 2006 gli 8000 comuni italiani dovranno mandare la macero la carta e rilasciare, cascasse il mondo, solo tessere elettroniche. Tessere favolose con cui fare un po’ di tutto, dal pagamento delle multe all’acquisto di sigarette.

Resta un solo problema: farle.

Nell’anno di grazia 2005 una carta-badge ormai ce la davano all’istante anche per la raccolta-punti all’ipermercato. Ma lo Stato vuole fare le cose per bene. Con sicurezza. E trasparenza, anche.

E allora affida la produzione a una società nuova nuova, la “Innovazione e progetti”.

A parte qualche privato che ne esce di lì a poco, la creatura è pubblica: maggioranza al Poligrafico dello Stato, il resto a Poste e Finmeccanica (controllata dal Tesoro). La “Innovazione e progetti” mica lo fa gratis: le carte elettroniche i cittadini le pagheranno 30 euro (un salasso rispetto al vecchio documento cartaceo), ed è atteso un business da circa 200 milioni l’anno. Un business su un documento obbligatorio. Meno tasse per tutti.

Intanto, il 2006 passa. E passa anche un pezzo del 2007. Le carte elettroniche restano oggetti da collezione per stupire gli amici. Ma il Ministro degli Interni Giuliano Amato decide di farci un regalo: il costo per il rilascio scende a 20 euro. Uno sconto su un oggetto che non c’è. Roba da Monty Python. Gli italiani neppure se ne accorgono (e come potrebbero?), ma se ne accorgono alla “Innovazione e Progetti”: a quel prezzo produrre le carte non converrà più. O, meglio, per guadagnarci non bisogna sprecare soldi (nostri) nel farle. La "I&P" , che non ha né innovato né prodotto alcunché, evidentemente non è attrezzata per un tale, erculeo compito e viene liquidata su due piedi. Non prima, beninteso, di aver pagato fior di prebende agli amministratori per il lavoro (?) svolto. Quanto alle carte elettroniche, se ne occuperà direttamente il Poligrafico.

Ma come per ogni ente inutile che si rispetti, anche la liquidazione della “I&P” scatena la guerra. Finmeccanica, che di guerra se ne intende, porta il Poligrafico in tribunale. Poi al TAR. Poi al Consiglio di Stato. Vince, blocca tutto e i bandi per la fornitura delle apparecchiature vengono annullati. Una guerra fratricida tra società a controllo pubblico, cioè tra lo Stato e se stesso. Un mare di carta. Quella stessa carta che continueremo chissà per quanto a portarci in tasca.

E arriviamo a oggi. Cioè al punto di partenza. Il decreto “milleproroghe” posticipa a fine anno il momento in cui la carta elettronica dovrà diventare lo strumento esclusivo per dialogare con la Pubblica Amministrazione. Tra 12 mesi, si accettano scommesse, arriverà un'altra proroga. Poi un’altra.
Quanti soldi siano stati buttati tra progetti, consulenze varie, società inutili, spese legali e quant’altro nessuno lo sa.

Quando vi parlano di e-government e di ammodernamento della macchina pubblica, pensate a Neil Armstrong e fatevi una risata. Fino a prova contraria.


Via: Wired.it

1 commento:

cri ha detto...

I miei ce l'hanno, non è stato per niente difficile averla, e l'hanno pagata anche meno di quella cartacea, anche perchè non devi portare le fototessera, ma ti fanno la foto in Comune...
Forse non tutti i comuni sono efficienti come quello di Milano, che sarà anche moralista e bigotto, ma qualcosa la fa...