domenica 9 dicembre 2007

Crescono le iscrizioni alle facoltà scientifiche, ma calano investimenti ricerca



Dopo anni di crisi, nelle università italiane è esploso il boom della matematica, con il 53% di iscritti in più negli ultimi due anni. E' il segno più evidente dell'inversione di rotta che sta coinvolgendo le altre discipline scientifiche di base, come fisica (+25% di iscritti) e chimica (+24%). Sono i dati presentati a Roma dal presidente del Gruppo di lavoro interministeriale per lo sviluppo della cultura scientifica, Luigi Berlinguer, e dalla Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà di scienze. Si è superata così la crisi delle iscrizioni alle facoltà scientifiche che aveva colpito tutta l'Europa e che in Italia, ha detto Berlinguer, ''è stata particolarmente rilevante''. L'inversione di rotta è importante, ha rilevato, ''ma è necessario continuare a lavorare in questa direzione. Bisogna far capire che c'è bisogno di fisici, chimici e matematici in mille mestieri e in modo diffuso nel mondo del lavoro". Si chiede inoltre alle forze politiche di ''sostenere questa inversione di tendenza" e contemporaneamente, ha aggiunto, bisogna investire nelle campagne di informazione e nelle iniziative per la diffusione della cultura scientifica. Se le iscrizioni stanno risalendo, le riserse per la ricerca sono invece in forte sofferenza. Gli investimenti nella ricerca non sono mai stati così alti nel mondo: nel 2007 le spese in ricerca e sviluppo hanno superato 1.100 miliardi di dollari (2,1% della ricchezza prodotta), ma l'Italia sta percorrendo la strada opposta e appare ormai come un Paese ''in declino". Sono i dati presentati a Forlì, nel convegno nazionale sulla comunicazione della scienza, organizzato da gruppo per l'Innovazione nella comunicazione della scienza (Icts) della Sissa di Trieste e associazione Nuova civiltà delle macchine. ''In questo cambiamento epocale l'Italia è in assoluta controtendenza", ha rilevato il direttore del Master in comunicazione della scienza della Sissa, Pietro Greco. Citando i dati del Rapporto 2008 pubblicato negli Stati Uniti dalla rivista R&D Magazin, Greco osserva che ''quello che appare chiaramente è che i Paesi che investono di più in ricerca hanno uno sviluppo economico maggiore''. L'Europa, prosegue Greco, è invece scesa per la prima volta sotto la media mondiale degli investimenti in ricerca. Per l'Italia, osserva, ''negli ultimi 15-20, rispetto al resto dell'Europa, tutti i parametri sono diminuiti, come reddito pro capite, numero degli occupati, stipendi". Un declino legato a un ''modello di sviluppo fondato sostanzialmente sulla bassa e media tecnologia e non sulla ricerca". Pochi investimenti, appena l'1,1% del Prodotto interno lordo (Pil): le spese italiane per la ricerca hanno registrato una leggera crescita negli ultimi anni, ma sono ancora così basse da occupare l'ultimo posto nel mondo industrializzato.

via Newton

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