ROMA - Eccoli in fila 'quei geni' che sanno fare il buon vino e dagli acerbi acini portano al grappolo maturo che finirà in bottiglia dando degli ottimi Pinot Nero e Cabernet Sauvignon. Ad averli svelati, i 'geni della maturazione' che contribuiscono, insieme a fattori ambientali, allo sviluppo delle bacche del nettare degli dei, due ricerche, una italiana dell'equipe coordinata da Claudio Moser dell'Istituto Agrario di San Michele all'Adige (IASMA) sul Pinot Nero, una americana diretta da Grant Cramer dell'Università del Nevada, (Reno-USA), sul Cabernet Sauvignon, entrambe pubblicate sulla rivista BMC Genomics.
"Questi studi - dichiara Moser all'ANSA - ampliano le nostre conoscenze sul processo della maturazione e gettano le basi per applicazioni future, per selezionare tratti di interesse commerciale agendo su geni specifici. Per esempio potremmo risolvere alcuni problemi dovuti al cambiamento climatico: il clima caldo di stagioni come quella appena conclusa compromette fortemente i valori di acidità delle uve, valori che rappresentano un fattore rilevante per fare un buono spumante; ulteriori approfondimenti del nostro studio aiuteranno a comprendere meglio cosa accade a livello molecolare durante le stagioni con temperature sopra la media".
In pratica conoscendo i geni coinvolti nel determinare l'acidità delle uve si potranno selezionare le uve più adatte al caldo, una possibile soluzione alle bizze climatiche dovute all'inquinamento. "Oppure - continua l'esperto - conoscendo i geni che regolano l'accumulo delle sostanze coloranti e aromatiche nonché dimensione della bacca e spessore della buccia, potremo migliorare, tramite selezione genetica, la qualità delle uve". La mappatura del genoma della vite è stata conclusa solo pochi mesi fa dal Consorzio Pubblico Franco-Italiano per la caratterizzazione del Genoma della Vite, indicando che il Dna dell'antica pianta (che si fa risalire al Neolitico) contiene oltre 30 mila geni.
Lo stesso gruppo di Moser parallelamente e in modo indipendente ha tracciato un'altra mappa della vite, sempre rigorosamente Pinot Nero, il più nobile tra tutti i vitigni del mondo. Nel nuovo studio invece l'equipe di Moser s'é concentrata solo sui geni che presiedono alla maturazione degli acini: per tre annate ha seguito la maturazione dei grappoli osservando quali geni orchestrano questo complicato processo che finisce per allietare le nostre tavole. Ci sono due momenti clou, spiega Moser: quando la bacca cambia colore e quello successivo della maturazione, quando la bacca si gonfia d'acqua accumulando zuccheri, degradando acidi, arricchendosi di aromi e preziosi polifenoli antiossidanti. "Abbiamo visto che a questi due processi è indispensabile un 'esercito' di ben 1400 geni che si accendono e spengono nel corso dello sviluppo delle bacche", rileva Moser.
"Abbiamo anche scoperto che tra le due fasi si accumulano radicali dell'ossigeno - continua Moser - la cui funzione resta da spiegare" e con questi compaiono numerosi geni 'spazzini' preposti proprio alla rimozione dei radicali liberi. La ricerca di Cramer ha fatto la stessa cosa per l'uva Cabernet individuando ben sette fasi del processo di maturazione e una marea di geni coinvolti, da quelli che lasciano accumulare aromi e antiossidanti a quelli che accompagnano colorazione e maturazione delle bacche. Una volta stretto il cerchio su pochi geni chiave in questi processi, conclude Moser, e compreso come sono influenzati da clima e terreno, "capiremo i segreti del proverbio francese 'de bon terroir bon vin', 'una buona terra da' un buon vino".
Via Ansa.it
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