domenica 30 settembre 2007

Paolo e Francesca

Proseguo, anzi, inizio la rubrica "Poesia & Letteratura" con un pezzo di un canto Dantesco! :)
[...] Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer si forte,
che, come vedi, ancor m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense.”
Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
fin che ‘l poeta mi disse: “Che pense?”
Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!”
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e comincia: “ Francesca, i tuoi martiri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?”
E quella a me: “Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
Del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancillotto come amor lo spinse:
soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante”.
Mentre che l’uno spirito questo disse,
l’altro piangea, sì che di pietade
io venni men così com’io morisse;
e caddi come corpo morto cade.



Dante.
Divina Commedia, Canto V da verso 100.

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